Il dado nella scarpa


Frequentai per qualche anno, da studente universitario, un collega che fu in seguito "uomo pubblico" e di cui non dirò il nome. Un carattere impossibile ma un intelletto notevolissimo: chiamiamolo Simone. Dottorando in Lettere Greche e Latine, musicista, e impegnato nella politica cittadina, era ed è tuttora uno studioso del Melodramma... e un'autentica enciclopedia in materia di Candy Candy.

Una sera intavolammo una discussione - o meglio: dovrei dire che assistetti a una lezione... - che mi persuase che Candy Candy stava a un'intera (nostra) generazione come le opere di Giuseppe Verdi alla scolarizzazione e presa di coscienza degli italiani del secolo XIX.

Simone ricoprì in seguito molti incarichi in istituti universitari ed enti lirici di tutta Italia, tenne e tuttora tiene conferenze sul Melodramma parlando (in maniera anche scherzosa e sbarazzina: come potrebbero un Aldo Busi o Claudio Magris) di Belcanto e casomai la Morante, Liala e... Candy Candy: ma lo riserva come un coup de théâtre per platee di distratti quarantenni.

Lui sa bene che Igarashi  non ha a che fare con Donizetti.

Idem: fui fidanzato nel remoto '96 con una nerd e laureanda antropologa (per giunta: nello staff e la receptionist, da due decenni, di Lucca Comics & Games); entusiasta - come tutti a quell'epoca - del Sandman di Neil Gaiman e il roleplay La Masquerade. Uno dei motivi per cui Sandman ci piaceva era il fatto che ammiccasse (molto più di Dylan Dog) alle nostre disordinate e colte letture di esoterismo, mito, filosofia e appunto antropologia. Se cercavi quei pentacoli della Clavicula Salomonis, E.T.A. Hoffmann, il buddismo, i Led Zeppelin e Il Ramo d'Oro, o qualsiasi altra "segreta" e "sottile" paccottiglia, in Sandman (come anche La Masquerade; Kult, o nel Pendolo di Focault) ne trovavi più che a palate, ne appagavi il piccolo nerd e occultista ch'era in te e poi te ne bullavi. Era un gioco, ne eravamo consapevoli. Ma Elena, dibattendo e scrivendo in maniera "seria" di tutti questi argomenti, citava Scholem, De Martino, Yung, Meyrink e ammetteva casomai, non di rado un po' seccata, "come anche leggete in Sandman o nel rulebook di Vampiri". Quel senso critico e cultura vera, trasferitasi in Australia, che le hanno meritato la direzione di un museo.

La mia colpa, poiché oggi mi rendo conto che è una colpa, e di essere cresciuto in contesti e con amici, genitori, insegnanti e interlocutori che, se mi infoiavo con toni accesi del tipo "uuuh ma che ficata le nozze rosse in Games of Throneees!", subito mi rispondevano che Shakespeare e Machiavelli le avevano già scritte con qualche secolo di anticipo; me lo dicevano con tale garbo, ma con squisita severità, da invogliarmi ad aprire Tito Andronico o comparare il Re Stregone di Angmar in sella alla Bestia Alata all'antico e letterario Mago Atlante in arcione all'Ippogrifo.

Ma all'epoca di quegli orgasmi per un duello fra il Grande Mazinga e il Generale Inferno, identico de facto a quello fra Ruggiero e Rodomonte, io avevo sì e no 15 anni: adesso, la folla degli esagitati che gridano quel "che ficataaa!" di anni ne ha almeno il triplo. Fa mercato ed opinione.

Le popfilosofe di Star Wars dalla semiotica a farfallino, o che alluminano di sociologia le stagioni di Games of Thrones sulle colonne di una "Unità" veltronianissima e renzianissima; gli evangelisti di un'esperienza da roleplaygamer tramandata, in forma di romanzo, con mistica eleusina e spessore da bildungsroman; fino ad opportunisti che "ci hanno dato: poco, ma ci hanno dato", pronti a salire oggi sul Plague Cart del vincitore, fanno ora con molto rumore per convenienza quello che noi, silenziosi, operiamo da due decenni nelle aule universitarie: per esempio spiegare End Game di Samuel Beckett parlando di fantascienza post-apocalittica, o motivare certi libretti di zauberopera paragonandoli al palinsesto della Marvel e DC. I miei studenti lo possono testimoniare.

Ma il giorno dell'esame resta inteso che pretendo, dal candidato, mi parli solo di Hamm e Clov, Mozart, Schikaneder senza facili strizzate d'occhio e improbabili escursioni.

Questi scaltri affabulatori d'assalto, invece, a cui non riconosco né vorrò mai riconoscere la "leadership del nerdom", (perché io nerdeggio anarchico, non vassallo né valvassino), persuadono adulandole le più facili platee che anche, e peggio ancora quasi solo ogni sciocchezza televisiva, fumettistica, videoludica e/o cinematografica con cui loro sono cresciuti, e che a loro in fin dei conti diverte, di sicuro anche conviene, sia "cultura" con la maiuscola... e aggiungiamoci aggettivi a caso purché suonino intelligenti. 

Ma anch'io sono cresciuto con quella merda, per dirla alla Tarantino. E questa truffa mi fa arrabbiare.

Mi han tirato a questo post per quei pochissimi miei capelli: parliamo del roleplay, mi chiede Majer Gatti.

Un mio nonno ha combattuto in Grecia ed Albania: fu un boxeur, un prigioniero, un soldato e un minatore. Mio padre, calciatore ed ex quadro del PCI locale, ha vissuto il '68 e fatto in parte il '77. Io e molti altri della mia generazione, arrivati troppo tardi e troppo lontani anche per la/dal Movimento della Pantera, non abbiamo mai combattuto nessun tipo di battaglia: abbiamo solo fatto "rollare" sei dadi strani su un tavolino, un hobby innocuo cui tutt'ora indugio ogni singolo weekend. Per metà dei giocatori del mio "party", lo ricordo, fu soltanto un'alternativa poco costosa ma originale a serate al Cocorico e altri luoghi della notte. E la stanza - una cucina - non è mai stata così profonda.

Onestà sarebbe ammettere che le nostre "narrazioni" (modo fico e intellettuale di chiamare le "giocate"), a Dungeons & Dragons poi Call of Cthulhu poi Warhammer e tanti altri, hanno avuto il solo esito materiale di incrementare i cospicui introiti TSR, o pagare lo stipendio ai game designers della Wizard of The Coast fino a partorire quella nemesi del roleplaygame che è stata Magic, che ha riportato adolescenti pericolosamente dotati di immaginazione entro gli squallidi, oltreché effettivi, confini della briscola. Oppure, al giorno d'oggi, alimentare quel già esausto supermarket della nostalgia che ci propongono o meglio impongono Netflix, HBO e la moda dei kickstarter.

Quasi quasi io sospetto una patetica compensazione - per non dire addirittura una forma di pornografia - in questo togliersi con stipendi da adulto lo sfizio di quei giocattoli che le nostre finanze di adolescenti non poterono permettersi.

Io e i miei coetanei e compagni di roleplaygame non abbiamo mai pensato di far "politica", "cultura", "generazione" ed "ideologia" con le scatole rosse e blu; non l'avremmo mai neppure potuto, anche avessimo voluto. Non mi pare occorra fegato e morale per ammettere di non avere gli attributi dei miei padri: lo si può leggere in elefante sull'ampia pagina della Storia. Ma è stato forse che le stesse "Sorti" han ricusato a venirci incontro, ché diffidavano dei nostri giubbini Best Company o rintronate dai "Gimme Fiveee!" di Jovanotti. Quando ancora, perché no, troppo incredule dei blister di "sette dadi di plastica, i moduli di avventura e la nostra immaginazione" che già all'epoca, tuttavia, ci costavano metà paghetta...

Mi fate ridere se credete di aver battuto, o anche solo combattuto o messo in dubbio il sistema, condividendo gli ideali di Harlock e impugnando una Spada Magica +3.

Il roleplay (e per esteso le collezioni dei vari manga, le introvabili e a lungo collezionate videocassette di anime, Warhammer, tutti i Lupo Solitario e in generale gli anni '80 e '90) è stato e credo ancora sia solo un costoso hobby: che, in questa Italia provinciale ma molto poser, non ha saputo né ha mai davvero voluto smettere gli atteggiamenti da "alternativo", "strano" e "particolare"; i "noi, quelli che ci giocarono" vs "voi che ne sapete".  Sta invecchiando nello chic. E, tengo ad aggiungere, un hobby per bimbi ricchi o quantomeno di classe agiata. Non è stato una weltanschauung. Le due uniche persone che in trent'anni ho conosciuto che lo scambiarono per tale hanno fatto la stessa fine dei personaggi di Rona Jaffe. La meglio gioventù, ancora in quei decenni, giocava a basket, dribblava a calcio, leggeva libri, ascoltava e suonava musica, si faceva gli spinelli, truccava i motorini e si sfasciava in bicicletta, pomiciava di notte in spiaggia e parcheggiava in sala giochi.

Perciò: affermare con tutti i paroloni possibili, argomentare con tutta l'intelligenza e gli argomenti possibili che giocare di ruolo è stato un atto politico, ideologico, culturale ecc., fino a lambire spudoratamente l'ambito dello storytelling e imporsi da roleplayer prezzemolino sugli inserti dei quotidiani di prestigio, mi sembra ormai non solo una furbata ma... un golpetto intellettuale, culturale e del nostro immaginario. E' una clava da brandire in mancanza di lightsaber "da tempi più civili", per citare Obi Wan Kenobi; in ogni caso una prepotenza e quindi una violenza. Resta poi da stabilire se colpevole o colposa

(... o mania clinica di attribuire propri profondi significati a qualcosa che non ne ha. Come quei critici da cineforum che non guardano davvero i film, li recensiscono cervellotici: perché vedono, in ognuno, il film perfetto che solo loro hanno in testa. Ma in questo caso passo la palla agli psicologi o gli psichiatri...). 

Qualche tempo fa mi illudevo che ammantare di filosofia hegeliana una serie anime disegnata e animata da schifo e sceneggiata peggio, pubblicare saggi sull'araldica dei supereroi ostinandosi a ignorare tuttavia come superfluo non dico Le dimore filosofali di Fulcanelli, ma almeno l'abc del simbolismo medievale o gli studi sui colori di Pastoureau fosse un modo per nascondere alla platea una vergognosa mancanza di fondamenta. Ovvero: Apro un blog sulle narrazioni orizzontali e verticali in Spazio 1999, ci spruzzo sopra un po' di Istanza Narrante, 1d10 suffissi in -ismo, ma fregacazzo delle Lezioni Americane, non ho mai letto Se una notte d'Inverno un viaggiatore e resto convinto che "Strutturalismo" sia un esame di Ingegneria.

Oggi invece, nei suddetti nerdleader, colgo un atteggiamento o dovrei scrivere strategia che è la medesima dei sessantottini alla prise de pouvoir. Sarei quasi rassicurato se scoprissi che certi personaggi sono, semplicemente, testimonial "penne al soldo" delle major del mercato ludico. Io non reputo costoro illetterati: sono convinto che conoscano e frequentino, o abbiano frequentato, lo Stil Novo quanto i manuali di D&D, ma:

1) continueranno sempre a vendere di più i manuali di Pathfinder che i Canzonieri di Petrarca;
2) a confronto con interlocutori come me, "handicappati" dal ritenere T.S. Eliot ancora fondamentale, e...
3) ... nel rapporto con interlocutori più giovani, che devono ancora completare la loro formazione, ovvero pendono dalle labbra del mentore più carismatico, o anche solo semplicemente il più presente sul web...

... attuare una strategia che apra a combinazione tutte le porte della cultura, delle possibili culture, con le loro esclusive chiavi, li assicura e assicurerà di una "leadership" editoriale, nell'ambito dei media, ecc. che nessuno potrà mettere in discussione. Specie, poi, se si accreditano a vicenda, ma fingendo affinità elettive pianificate accuratamente.

Ma che cosa sto scrivendo di nuovo? Non è un fenomeno analogo a quello con cui ci scontriamo e ci siamo già scontrati per esempio nell' "ambito della fantascienza italiana"?

Avrò un bel ricordare che il cosplay nasce in realtà nel Giappone del XIV secolo in occasione del matrimonio di una principessa, se la futura, nerdcanuta classe dirigente affermerà che agli albori del nerdtempo esisteva solo "quella storica conferenza a Lucca, quel giorno, di cui noi fummo i protagonisti (sottinteso: noi e nessun altro)". Suona un po', già a distanza di un solo rigo di questo post, come quell'improbabile "il primo, manifesto!" di cui Lebowski dice a Julianne Moore di essere stato orgoglioso firmatario.

Ma concordo con un pensiero di Zeno Saracino: dibattere con costoro sul terreno e la materia (quella che vorrebbero elevare a una "materia"...) che ormai monopolizzano con una certa aggressività, è avvallare un'operazione che è volgare e commerciale. Per giunta, come al solito, di un commercio delle pulci delle solite 3000 copie di "grandissimo successo", "straordinaria rivelazione", e reciproche pacche sulle spalle sulla poltrona di Fabio Fazio.

Leggo che i nostri leader già rispondono sui socialnetwork, a eventuali oppositori, col gas mostarda dell'argomento che "infatti nel mio romanzo ho anche detto quello che hai detto tu": join the darkside: we have the likes on Facebook, e i nostri argomenti non possono non essere anche i tuoi: vedemmo insieme Mazinga Z e giocammo insieme di ruolo.

Quanti XP ci dai stasera, Master?

Alessandro Forlani

sedicente scrittore, è nato negli anni '70 del XVII secolo, si è reincarnato nel XIX, nel XX e millenni a venire. Nerd, negromante, roleplayer e autore "difficile" di racconti fantastici. Di giorno si impaluda da docente universitario e ciacola di sceneggiatura, cinema e scrittura; di notte, che dovrebbe far l’artista, piuttosto guarda film, legge fumetti, ascolta musica barocca, gioca a soldatini e poi va a dormire. Perché crede che sia più sano scrivere in questo modo.

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