Il Fuoco e i Cassonetti


Questa estate a 40° nuoce pure allo stato d'animo oltreché disidratarci ma, ormai da qualche anno, devo arrendermi all'evidenza di un meschino abbrutimento.

Vado al cinema raramente, non viaggio, da un decennio non entro più in un teatro né assisto a spettacoli dal vivo. Leggo poco - direi pochissimo - e, in generale, non trovo nulla che mi entusiasmi. Da troppo tempo non vedo mostre né mi reco in un museo, sto evitando le convention e diserto gli eventi pubblici. Non mi interesso di attualità, di politica né mi infiammano ideologie. Ho un disprezzo viepiù crescente per certe lotte donchisciottesche. Vivo insomma nell'ignavia e oserei dire nell'ignoranza. E il fatto che mi avvicini al compimento dei 50 anni, fra un lustro, non può essere una scusa per questa pessima condotta.

Come sto? Tiro a campare. Ma di sicuro non troppo bene. E uno scambio dapprima ilare con certi amici, quest'oggi, mi ha lasciato una sensazione di perduto e di sbagliato. 

Da sempre ho l'abitudine - nell'analisi dei miei problemi - di mettere sulla bilancia le mie colpe e quelle altrui. E se è vero che sono certo il principale responsabile di questa tetra malinconia qual è quella di un Ismaele (basterebbe, in fin dei conti, alzassi il culo dal mio divano...) mi domando, tuttavia, se il mio male non sia dovuto a un'adolescenza e giovinezza troppo piene, intense e propositive e che cozzano con un presente di oggettiva inconsistenza.

E' un presente che si emoziona, quasi fino le convulsioni, per i triti colpi di scena delle serie televisive; che si è convinto, via socialnetwork, di intrattenere rapporti umani; che esterna sentimenti, "sensazioni sensazionali" e fotografa tramonti come fossero Armageddon. E che enumera sui blog, con un orgoglio da buoni-premio dei supermarket, i cinquecento romanzi e saggi letti nell'arco di trecento giorni... ove "leggere" e "romanzi", io sospetto da certe pagine, sono lemmi che oramai hanno perso significato.

Ecco dunque un post, stasera, della patetica categoria "quarantacinquenne che piange & brontola".

I miei 15-21 anni sono stati, né più ne meno, Stand by Me di Stephen King e/o I Goonies di Chris Columbus. Frequentavo cinque amici, ci accomunavano interessi nerd: musica, lettura, cinema e roleplay. In un'epoca in cui non c'era ancora internet (né il pc, né il telefono cellulare) si studiava tutto il giorno per cinque giorni la settimana e le domeniche si trascorrevano in lunghe, avventurose, salubri escursioni verso chiese, cimiteri ed edifici abbandonati, boschi, spiagge e il selvatico lungofiume. Cenavamo con le famiglie ed ogni tanto in pizzeria poi, fino ad ore sì notturne, ma decenti, guardavamo vhs horror, fantasy, di fantascienza o giocavamo a Dungeons & Dragons, Warhammer e al Richiamo di Cthulhu. Fummo i primi, in questa piccola e provinciale città, a praticare il roleplay. Correvamo a visitare ogni mostra di oplologia, sul medioevo, sui Templari (che andavano alla grande) e ad assistere a conferenze che promettevano mysteri (non a caso con la y: proprio quelli di Martin Mystere!). Ci esaltammo, arricchimmo e completammo a vicenda: a me toccava il ruolo di umanista della combriccola, c'era poi l'illustratore (che oggi è un artista di fama internazionale), due "scienziati", un filosofo e un capo scout. E potrete ben comprendere che - vissute insieme - ogni cotta & corteggiamento alle ragazze che ci piacevano erano quelle di un Bergerac e di un Cristiano per Rossana (grazie, Giovanna); ogni gita su per i colli, nei boschi e per i ruderi era un'autentica esplorazione dell'ignoto & spaventoso, ogni sessione di D&D e Warhammer era una saga che manco Snorri... E anziché dedicarci all'exctasy o incendiare i cassonetti - come spesso i quotidiani riferiscono degli odierni, troppo "adulti", già annoiati quattordicenni - ci inventammo scherzi innocui, ingegnosi e intelligenti quali trasformare le fontane della città in vespasiani con carta igienica, teli e saponette; quali appendere cartelli "chiuso", "saldi", "vendesi" ed "affittasi" a tutti i portali gotici delle chiese del centro storico. O collocare inquietanti manichini nelle panchine dei parchi pubblici. Fatelo, fotografatelo e postatelo su Facebook: vi applaudirebbero per il flash mob e chiamerebbero "istant artist"...

Grazie a certi incarichi ricoperti da mio padre, a un amore per la lirica ereditato da mio nonno, e insomma a fortunate e dickensiane circostanze, prima dei 18 anni avevo spesso già assistito ai molti e grandi eventi del Rossini Opera Festival, della stagione concertistica e di prosa cittadine. Parlo di un'epoca in cui a teatro trovavi Vittorio Gassmann, Umberto Orsini, i Barra e Paolo Poli. Ho ascoltato dal vivo Karajan, Maisky, Gazzelloni, Uto Ughi e i Solisti Veneti, Abbado, Moricone, Muti e La Reverdie; ho assistito alle regie di Ronconi e di Squarzina, Pizzi, Fo e ho visto all'opera Gae Aulenti. Ho assistito a première di Greenway al Prix Italia e a dibattiti con Moretti, Tabucchi e Umberto Eco. Ho goduto di confronti, contributi e produzioni che non erano narcisistiche e gratuite come oggi: si trattava di cultura condivisa con il pubblico.

E, invidia invidia, sono stato una sera al cinema con Monica Bellucci.

Ditemi perché, oggi, dovrei tornare nello stesso palco e lo stesso cinema per assistere a una commedia con la Ferilli o con Claudio Bisio; o a salutare come "pazzesco capolavoro", "film del secolo" o altre isteriche definizioni Lo chiamavano Jeeg Robot.

In sala assistevi a film per cui davvero ti emozionavi: oserei dire che ti formavano. Potete immaginare che cos'abbia significato assistere a 15 anni a I Predatori dell'Arca Perduta; a Ritorno al Futuro; a Piramide di Paura; ai primi film di Tim Burton, e più tardi a Platoon e all'Attimo Fuggente? I vari Avengers e i film Marvel saranno amazing, se volete: ma le lecite & eroiche aspirazioni di un adolescente a cui si propongono personaggi ormai quasi solo dotati di facoltà soprannaturali, e che agiscono in mondi e contesti altrettanto inverosimili, per giunta in contrasto con un presente, quotidiano e reale in cui qualsiasi illusione è fatta a pezzi, smentita e ridimensionata sul nascere da Google, i blogger, i cinici su Facebook... sono castrate in partenza. Mentre all'epoca, quando il culmine del sapere erano i libri che trovavi nella tua libreria di fiducia, e gli eroismi non erano solipsistici come quello di The Wilde, un ragazzino poteva ancora felicemente illudersi, un giorno, di diventare un archeologo come Indy e sconfiggere culti Thugs. Provate a domandare a un adolescente, ora, se si illude lontanamente di scoprire una tomba egizia e di battersi contro l'Isis per portane i tesori in salvo...

E mi dovrebbero tremare i polsi per I Guardiani della Galassia?

In libreria, sugli scaffali che frequentammo, non c'era la Troisi: c'erano H.P. Lovecraft e gli altri "di cotanto senno"; la spazzatura era Terry Brooks, o più tardi il ciclo Dragonlance. Non c'erano romanzi che manco facevi in tempo ad acquistare e leggere che già ti trovavi in sala la versione cinematografica o la serie televisiva più aggiornata dell'originale... E che qualcuno un giorno o l'altro avesse tratto un vero film dal Signore degli Anelli era una speranza troppo grande da sperare.

A 21 anni, un po' come Nathaniel Hawthorne, mi chiusi in camera a studiare e leggere per laurearmi più presto che riuscissi. Ricordo quel periodo come una sublime immersione nelle Lettere più ineffabili, studiai la Cabala, approfondii la magia, lessi moltissima poesia. Non credo di aver avuto mai più la mente altrettanto limpida, né ho più avuto tanta fertile fantasia o pensieri altrettanto profondi. La mia stanza era il luogo eletto di quel verso di Baudelaire: "tutto è ordine e bellezza, lusso, calma e voluttà". Quell'autunno scrissi una sacra rappresentazione sul Santo Patrono della mia città, musicata da un talentuoso compositore mio coetaneo e portata in scena da una filodrammatica locale. Più di venti attori. Ora trovo quel testo a dir poco illeggibile, goffo e presuntuoso di tutti i difetti e l'incoscienza giovanile... ma riempimmo il teatro per quattro sere di fila e facemmo venire i brividi a tutta la platea. La sera della prima assistetti allo spettacolo mano nella mano, per tutto il tempo, con una pallida e luminosa elfa di cui ero innamorato come lo si può essere solo a quell'età (grazie, Ilaria).

Ditemi perché, oggi, dovrei usare aggettivi superlativi per l'ennesimo insulso fentasi del blogger & scribacchino che autopubblica su Amazon, Lulu e Narcissus. Ditemi perché dovrei plaudire ed emozionarmi per l'orchestra di paese che fa serata con i brani dei Beatles, De André o i Carmina Burana latrati da dilettanti.

A 24 anni, per qualche tempo, vissi a Urbino con una splendida, intelligentissima ragazza metà scozzese e metà milanese e passavo le notti a leggere tarocchi nei pub (grazie, Elena). Uno strano, espertissimo cartomante di passaggio mi predisse che avrei trascorso la vita "a scrivere di labirinti e di deserti"; disse, con quasi annoiata naturalezza, che sì: il sogno di diventare scrittore si sarebbe avverato, ripeté ch'era "ovvio; non è questo il problema..." Scrivevo sul "Messaggero"; e in seguito mi inventai, e diressi in tre comuni dell'entroterra, un mio piccolo festival di teatro del '700.

A 27 anni, a Milano, nella piccola ahimè defunta libreria "La Stazione di Perpignan", organizzavo incontri di lettura di poesia che mi hanno portato a conoscere di persona Franco Loi e Alda Merini. E mi pagavo vitto e alloggio in appartamenti di simpaticissimi fricchettoni facendo loro da master per lunghe notti di D&D. A 30 anni insegnavo già all'università, un ambito che mi ha portato a incontrare e vivere ore indimenticabili con Dario Fo, Sanguineti, Paolini, Rossi, Riondino, Antonioni e Catherine Spaak (grazie, Massimo Puliani).

Ditemi perché, oggi, dovrei affogare quei giorni negli aperitivi e le serate street food; o condividere pronostici sulla sorte di Jon Snow con sociopatici bipolari da spot Sky con Accorsi.

Ma di sicuro ho sbagliato tutto: perciò mi rodo il fegato. Sarebbe stato meglio essere vuoto ed annoiarmi. Sarebbe stato meglio incendiare i cassonetti.



Alessandro Forlani

sedicente scrittore, è nato negli anni '70 del XVII secolo, si è reincarnato nel XIX, nel XX e millenni a venire. Nerd, negromante, roleplayer e autore "difficile" di racconti fantastici. Di giorno si impaluda da docente universitario e ciacola di sceneggiatura, cinema e scrittura; di notte, che dovrebbe far l’artista, piuttosto guarda film, legge fumetti, ascolta musica barocca, gioca a soldatini e poi va a dormire. Perché crede che sia più sano scrivere in questo modo.

2 commenti:

  1. C'è un po' un clima di stagnazione tra la gente, anche a livello mentale. Qualche mese fa ho rivisto un mio vecchio contatto con cui avevo frequentato i primi due anni di università, e l'ho ritrovato smunto, che faceva zapping sulla televisione e parlando si lamentava che si era stufato e d'ora in poi voleva solo guadagnare. E questo era un mio vecchio collega con cui quattro anni fa discutevo giornalmente di filosofia, accanendoci reciprocamente su questioni assolutamente astratte.

    Non si deve per forza considerare quanto viene letto dalla gran massa dei lettori l'unica cosa che viene pubblicata, l'unica lettura disponibile. Questo, per i libri come per ogni media. Ci si può lamentare ad esempio che nel cinema horror si riciclano sempre le solite glorie, che viviamo una situazione stagnante... ma sarebbe un'osservazione corretta solo se ci si limita ai blockbuster. Si ignorerebbero così capolavori come il francese "Raw" o l'olandese "Brimstone". Faccio questo esempio per il cinema, perchè mi è più comodo, ma credo valga per ogni campo. Ad esempio che importa che non si pubblicano romanzi fantasy decenti quando posso recuperare tantissimi autori dimenticati e/o di un secolo fa via Gutenberg? So che è un'operazione di saccheggio della storia che si può compiere solo fino a un certo punto (:-D), ma non credo sia necessario sempre accettare quello che passa per il convento. Si può anche uscire, dall'edificio, smettere i panni da suora un momento. ormai non leggo più con passione (quasi) nessun sito italiano, li seguo al più per "incoraggiamento", ma questo non mi impedisce di sfamarmi con una gran messe di siti in inglese. Beh, ho come sempre divagato troppo...

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  2. Qualche settimana fa ho dovuto chiamare i pompieri perché un cassonetto era in fiamme di fronte all’ospedale della mia città. C’erano alte fiamme che minacciavano gli alberi all’interno del complesso dell’ospedale.
    Mentre aspettavo i vigili del fuoco, una coppia di giovani (20 anni, poco più) è passata sul marciapiede accanto al cassonetto in fiamme. La ragazza si è appiattita al muro, il ragazzo (tatuato, palestrato e con occhiali da sole anche se era mezzanotte) è passato accanto alle fiamme senza degnarle di uno sguardo, senza nemmeno cercare di stare lontano dal fuoco.
    Totale indifferenza. Un vero duro.

    Cosa c’entra questo? Prendilo come un koan zen.

    C’è sempre il dubbio se effettivamente il mondo moderno è culturalmente più povero o se questa sia solo un’impressione. Non sono mai riuscito a capire quale delle due visioni sia la più corretta. Non so sia possibile distinguere o se abbia veramente senso farlo.

    È dall’alba della civiltà che ci si lamenta che la cultura stia decadendo: quanto è probabile che stia veramente accadendo proprio ora che vado al cinema io? Non può dipendere dal fatto che, smaliziato come posso essere dopo 30 anni di film fantasy/fantascienza, il mio livello di aspettativa si è alzato tanto che ci vuole molto, forse troppo, per entusiasmarmi?
    Magari per i giovanissimi di oggi i film Marvel, etc… fanno lo stesso effetto di totale meraviglia che a me hanno fatto i classici del passato. E non mi preoccuperei troppo che i protagonisti siano tutti supereroi: i fumetti di Superman e Batman sono in mezzo a noi dagli anni ’30, e hanno già dato illusioni soprannaturali a generazioni di piccoli lettori.

    D’altra parte è evidente che, almeno per i film, si preferisca sempre riciclare cose già viste (remake, sequel, prequel, reboot, adattamenti etc…) piuttosto che tentare qualcosa di nuovo. Ma capirne i veri motivi va al di là delle mie capacità.

    Zeno qua sopra ha scritto: “Non si deve per forza considerare quanto viene letto dalla gran massa dei lettori l'unica cosa che viene pubblicata, l'unica lettura disponibile. Questo, per i libri come per ogni media.”. E questo penso sia stato valido in ogni epoca. Basta avere la voglia e la possibilità di cercarsi queste alternative. Tu lo hai fatto: da quello che scrivi, hai avuto nella tua vita una serie di esperienze uniche, e ti sei fatto una cultura più approfondita e più originale rispetto a tanti tuoi coetanei. Ma devi renderti conto che non è un percorso che tutti possono, o vogliono, affrontare.

    Perché, ti chiedi, unirti al cicalare incessante di ogni evento nerdpop che va per la maggiore al momento? Beh, nessuno ti obbliga a farlo: d’altra parte non ho dubbi che il 99% dei commenti su GoT siano sono sciocchezze.. Ma è impossibile che tutto sia di alto livello. Facebook o la blogosfera non sono dei circoli culturali, o delle biblioteche, sono delle piazze, con la varia umanità che si trova nelle piazze di solito.

    Si dà troppa importanza a tutto quello che scorre sulla rete: se c’è una cosa che scuola dovrebbe insegnare, è come interagire con l’internet, altrimenti ci troveremo una generazione di analfabeti facebookiani – e siamo già purtroppo a buon punto.

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