Clara Hörbiger e l'Invasione dei Seleniti - recensione di Zeno Saracino

Recensione di Zeno Saracino sul blog "Cronache Bizantine"



Impero degli Asburgo, anno delle magnifiche sorti e progressive 1847.
Al golfo di Venezia, la folla in attesa del plenilunio assiste alla comparsa di una seconda Luna, un mostruoso oggetto non identificato rivelatosi un'astronave aliena. Sono i Seleniti, alieni lunari dalle sembianze di struzzi – una razza avanzatissima, ma sprofondata nella demenza senile – i cui piani di battaglia e d'invasione fanno sembrare i marziani di Wells un capolavoro di razionalità.
Fugge al massacro Clara Horbinger, figlioletta di un colonnello dell'esercito asburgico. Nell'occasione, l'adolescente svela poteri occulti, di magia nera e rianimazione dei cadaveri.
Intanto il centro del mondo per gli Asburgo, cioè Vienna e Milano, Austria e Lombardo-Veneto, passano sotto attacco...

(Clara Horbiger e l'Invasione dei Seleniti,  1)

L'attacco degli struzzi colpisce senza ne logica, ne pietà: le guarnigioni militari vengono ignorate, i civili massacrati, le linee nevralgiche dei ponti e fortilizi ignorati a favore della distruzione indiscriminata di villaggi e treni.
A Milano una riunione d'emergenza di Radetzky, l'arciduca Ranieri e gli ufficiali in campo decidono per un attacco preventivo a Padova per bloccare l'insulsa invasione. Gli struzzi vanno fermati; ma è chiaro che si sottovaluta il bizzarro nemico.
Vedendo un collegamento tra gli struzzi e gli alieni delle riviste di fantascienza, Thomas Horbiger, il padre di Clara, contatta uno scribacchino, Michele Beltramini, per meglio comprendere la nuova minaccia. Affianca loro un'algida tenente, Caterina, e li spedisce a indagare nel torbido mondo dei feuilleton e della fantascienza... dove incontrano un trio di piemontesi guidati dall'avvocato Nigra con un'uguale missione. Di ritorno da Pesaro, dopo l'incontro con un certo "Forlani" e il suo Venite Invademus, il treno è attaccato dai Seleniti. Piemontesi e austriaci combattono fianco a fianco per sopravvivere. Solo un reggimento di non morti resuscitato da Clara permette la vittoria...

(Clara Horbiger e l'Armata Cadavere, 2)

L'orgoglio della Casa d'Asburgo, l'esercito austriaco del Lombardo-Veneto, si scontra con le orde barbare degli Struzzi a Padova. I soldati che hanno liberato l'Europa dalla tirannia del nanerottolo corso e che vigilano contro la rivoluzione liberale in agguato, si battono contro un nuovo nemico. I piani di battaglia sono validi, il morale alto: ma gli alieni non ragionano seguendo le regole e l'onore dei vecchi condottieri. La battaglia è una rotta disastrosa.

(Clara Horbiger e la Battaglia di Padova, 3)

A Milano, Beltramini cerca di convincere Radetzky e Ranieri della necessità di un nuovo leader guerresco, uno che sappia guidare e infiammare le truppe contro gli struzzi. Mentre si nomina un possibile candidato nell'ahimè defunto Raimondo de Montecuccoli, avviene un rapimento. Un automa da servizio tramutato in golem rapisce Clara, che finisce nelle mani di un nemico molto più terribile degli alieni: i piemontesi! L'automa era infatti la creazione di un negromante, Borri, al servizio dei Savoia. In accordo con Nigra, vorrebbero resuscitare Raimondo de Montecuccoli e unire le due forze, austriache e piemontesi, contro gli struzzi.
Per resuscitarlo tuttavia, serve il potere di Clara... A bordo di un dirigibile stealth, Borri, Clara e un manipolo di racchettieri piemontesi si dirigono verso la cripta di Montecuccoli, e cioè verso Vienna.

(Clara Horbiger e la Cripta Meccanica, 4)

Il rinato Conte de Montecuccoli, dovunque vada, assume comando: è un morto vivente con più autorità e vitalità di tanti “viventi”. Dopo una parentesi onirica presso il villaggio natale di Clara, dove la ragazza si rende conto di esser cresciuta e aver fatto i conti col passato, i nostri protagonisti arrivano a Milano. La città è barricata, alle strette per i Seleniti in avvicinamento. Le truppe di stanza, i rifornimenti in arrivo a passo di marcia, le aeronavi, la cavalleria e l'artiglieria: c'è quanto basta a formare un esercito, attende solo un leader in grado di condurli all'attacco...

(Clara Horbiger e il Condottiero, 5)

Si direbbe che ogni pedone, ogni pezzo è pronto, se non fosse che gli struzzi rovescerebbero la scacchiera in un impeto di violenza irrazionale. Alla barbarie dell'alieno, corrisponde la barbarie dell'umano: le truppe galvanizzate da Montecuccoli si scontrano con gli Struzzi nel tritacarne definitivo.

(Clara Horbiger e le Legioni dei Vivi, le Legioni dei Morti, 6)

Capire come recensire la saga steampunk di Clara Horbiger mi ha dato qualche difficoltà; l'ho dapprima letta nella versione in bozza sul blog del Grande Avvilente e perciò la consideravo un tutt'uno, un solo romanzo. La scelta di suddividerlo in capitoli – non a caso come nelle dime novels di fine ottocento, o come nei giornalipulp, ha permesso sei diverse avventure in sequenza.
Al momento di riassumere la trama, come per ogni recensione di Cronache Bizantine, ho deciso infine di citare i diversi libri in ordine, mostrando la storia in svolgimento. Sulle librerie online (Amazon, Ibs, Delos ecc ecc) non si trovano a volte i numeri della cronologia, cosa che può causare una bella confusione al “curioso” che vorrebbe iniziare la saga.

Clara Horbinger è in primo luogo steampunk. L'ambientazione ottocentesca, pre 1848, sceglie un periodo storico quale la Restaurazione difficilmente abbracciato dagli scrittori del genere, che preferiscono di solito il 1870 in poi, o addirittura il 1890. La scelta, se all'inizio comprensibile per il range e le possibilità tecnologiche che offre, sta diventando piuttosto stantia, a mio avviso: non se ne può davvero più di Londre vittoriane, di compagnie di gentlemen straordinari, di ufficiali al servizio di Sua Maestà...
I decenni post napoleonici offrono un quadro geopolitico completamente diverso: l'Austria prosegue con il cancelliere Metternich una politica di potenza di tutto rispetto, svolgendo il ruolo di mastino da guardia contro ogni possibile ritorno delle democrazie e delle monarchie liberali. Non è l'Austria-Ungheria del 1867, che preferirà una politica di espansione nell'area balcanica, ma è un'Austria ancora coi piedi per terra in Italia, il cui Lombardo-Veneto è tra le regioni meglio amministrate di tutta la penisola. Sia l'Italia (come “espressione geografica” cit), che i Balcani, che in effetti tutta l'Europa orientale permetterebbero una tale gamma di ambientazioni, storie “alternative”, avventure picaresche che si stenta a crederlo: eppure si persiste nella Londra vittoriana, o nell'Old West, con i triti e ritriti cliché di Sherlock, e Dracula, e Jack the Ripper. Diamine, mi accontenterei persino di una storia steampunk ambientata a Parigi, pur di mollare l'atmosfera anglosassone...
La saga di Clara conserva i reali confini geografici e storici, senza operare stravolgimenti, con gli stessi protagonisti e le “grandi figure” che potremmo trovare dentro un romanzo storico. La componente -steamnon ha pertanto stravolto gli equilibri in campo, è semplicemente un surplus, un'aggiunta tecnologica che possiedono tutti gli Stati in campo, lasciata sullo sfondo.
Vi sono ad esempio aeronavi, dirigibili e macchine da guerra volanti: in nessun caso tuttavia, sono estranei alle vicende in corso, componenti che sembrano estranee alla storia. Vi è un punto debole nell'assenza di descrizioni, di una tecnologia quasi “fiabesca” nel suo funzionamento, macchine “meravigliose” che i personaggi della serie non sembrano mai soffermarsi a guardare. Motori che funzionano sì, ma per esigenze puramente narrative: d'altronde il progresso tecnologico non era ancora tale da permettere il (finto) realismo dello steampunk di fine '800. Per controbilanciare quest'aspetto, la ricerca linguistica relativa alle diverse invenzioni è particolarmente raffinata: i neologismi, dall'eliocottero al roboto, sono afferenti all'epoca, non sono “prestiti linguistici” dal ventesimo secolo. Il meglio in tal senso, è il dirigibile dei piemontesi: il Dirinvisibile!

«Quei cristalli, lassù», le mollò uno scappellotto, «rifrangono la luce; l'aerostato, se noti, è ricoperto di specchi: in volo, l'aeronave è invisibile all'occhio umano. Passeremo sotto il naso dei cannoni contraerei e sui tetti dell'Hofburg.»
«E il rumore delle eliche, e gli spurghi dei motori?»
«L'eco sorda di un temporale remoto e nubi sfilacciate in un cielo che è già nuvolo.»

Un appunto a unire l'osservazione linguistica a quella storica: il termine Austria-Ungheria è usato per l'Impero Austriaco dal 1867 in poi, in seguito al concordato dell' Ausgleich. Precedentemente si dovrebbe discutere di “impero austriaco”, “Austria” o “possedimenti degli Asburgo”. In effetti il mosaico di stati della monarchia rende arduo trovare un nome soddisfacente, in quanto se si parla di “Austria”, si pensa alla minuscola Austria post 1918, mentre “Austria-Ungheria” evoca subito nel lettore il riferimento all'Impero. Quindi il riferimento all'Austria-Ungheria è storicamente scorretto, sebbene funzioni a livello di marketing.
La protagonista, Clara Horbiger, trasmette bene l'età di mezzo dei suoi quattordici anni: la storia la vede passare dai capricci di bambina, ai turbamenti di adolescente, alla necessità di comportarsi da adulta responsabile. Eppure, anche negli ultimi capitoli fanno capolino ogni tanto i guizzi da bambina... non c'è uno stacco netto, ma una realistica confusione di sentimenti, aspetto che ho apprezzato molto. Vi è qualche accenno di sviluppo dei personaggi – Montecuccoli verso la fine, Beltramini sopratutto, il padre stesso Thomas Horbiger – tuttavia la protagonista psicologicamente delineata resta fraulein Clara.
Lo stile di scrittura non presenta nella saga di Clara significativi cambiamenti rispetto alle opere precedenti. Affiancati all'uso intelligente di neologismi, troviamo tocchi di classe come l'uso dei dialetti, i pamphlet in francese, l'influsso di opere e melodrammi (non altrettanto influenti come ne La Macchina Insurrezionale, cui è collegato, ma comunque sottotraccia). Compaiono i verbi desueti tanto odiati, anche se in numero minore rispetto ad altri romanzi: tra uno sbasoffiò e un grugarono il lettore può sentirsi intimorito. Ho però notato rispetto a Eleanor Cole delle Galassie Orientali una storia e uno stile molto più coesi, dove le diverse scene sono meglio concatenate, lo svolgimento meno artefatto.
Di grande effetto, tra le tante scene d'azione, sia la disfatta a Padova come battaglia di larga scala, che la schermaglia/discesa nel dungeon che è la cripta meccanica. Il luogo dell'ultimo riposo di Montecuccoli permette di fondere steampunk e ambientazione gotica, permettendo alcune scene davvero grottesche, che non so ancora bene come giudicare.

«C'è un cancello, Monsù», gli descrisse il soldato.
«Com'è fatta la serratura?»
«Assomiglia a quei pistoni che lo richiudono una volta entr...»
«No, deficiente!»,gli abbaiò il Caporale.
Allo scatto del cancello, su quell'altare barocco, corrispose la vampa di un'improbabile gatling: la croce si inclinò come un affusto girevole per le sei canne di candelabro che eruttarono proiettili; la pisside, incastonata alla base, inanellava le munizioni da un lato ed espelleva dal coperchietto grossi bossoli infuocati. Contarono sei colpi al micidiale secondo: l'incursore, spacciato, si accasciò nel sotterraneo.

E ovviamente, Clara Horbiger non sarebbe Clara senza l'invasione dei Seleniti.
Gli struzzi sono alieni scimmieschi, mostruosi, che attaccano senza ragione, uccidono senza ragione e muoiono senza ragione. Sono un bambino demente cui abbiano fornito la valigetta per il lancio delle atomiche: irrimediabilmente stupidi, irrimediabilmente potenti. Balena per il lettore che ci sia una tattica per i Seleniti, che ci sia “un'incomprensione”: tutte illusioni, non vi è una differenza culturale che non sia la stupidità più banale.
La tecnologia “struzza” non richiede sforzi, o conoscenze particolari: quello che si pensa, si desidera, si pretende, lo si ottiene senza sforzo. E' una civiltà collassata, dove la violenza si fonde alla gratificazione immediata. Nemmeno l'istinto di uccidere è predominante nei Seleniti, perchè richiederebbe uno sforzo unitario, un'attenzione di lunga durata: l'unico fil comune di questi repellenti alieni è il capriccio. Qualche secondo di chat, un altro mi piace, una telefonata... Ah, scusate, mi confondevo: intendevo qualche secondo di uccisione col lanciafiamme chimico, un minuto di volo, un attacco da terra.
Mentre i marziani di Wells, per quanto imperscrutabili, agivano con lo scopo comune di annientare gli umani e trasformare la Terra in un pianeta per loro abitabile, i Seleniti si limitano a invadere e massacrare a loro diletto, in modo del tutto erratico.
Mi sembra una degna controparte: i marziani per gli inglesi (che come ricorda Castle Falkenstein, uccidono senza distinzione di classe, orrore!) e gli struzzi/seleniti per gli italiani.

Lei crollò seduta, con un gelo alle viscere:
«… ma a che serve, tutto questo, contro un'orda di imbecilli superdotati?...»

L'imprevedibilità dei Seleniti mette presto in crisi un impero, quale quello asburgico, che è proprio dallatradizione e dalle procedure normalizzate e burocratiche che trae i suoi punti di forza. Da qui l'insistere commovente dei generali e di Radetzky sulle procedure corrette, come l'ultimatum da inviare agli alieni (in latino, lo comprenderanno!) o sull'ingenuità di chi si aspetta onore e osservanza delle regole da chi il concetto di “regola” o “divieto” nemmeno lo comprende.
Si avverte l'inutilità di molti dei discorsi e delle pratiche dell'esercito, specie agli occhi di Clara, che da ragazza adolescente vede l'agire di politici e ufficiali da fuori. Un modo di pensare, di ragionare polveroso e inadeguato di fronte alla modernità degli struzzi.
La soluzione vincente è ovviamente, trovare un'arma nella forma di un condottiero – Raimondo de Montecuccoli, il flagello dei Turchi. Il redivivo generale permette di riorganizzare e galvanizzare le truppe, anche se al costo di svilirle. Montecuccoli ha la capacità rara di far sentire i soldati vivi, ebbri di gioia di uccidere. Se li si confronta con i soldati da ritagliare di Napoleone e della Restaurazione, la fanteria di Montecuccoli è un animale novecentesco, una macchina per uccidere. Un passaggio di dialogo rende bene questa trasformazione sinistra, dannunziana:

Nelle gondole si accalcarono i reggimenti di Granatieri, con le sacche quasi sfonde di bombe a mano e i coltelli nelle guaine. E ci furono gli spavaldi che si issarono alle gomene, si aggrapparono all'aerostato con propositi di assassinio. Si scalzarono lo stahlhem e si annodarono un fazzoletto.
«Ehm, e i moschetti?»
«Montecuccoli non li ha voluti, sono roba da femminucce: tigna, acciaio e bombe a mano, ci ha detto; è il soldato del futuro.»

Sconfiggere i Seleniti è possibile, ma solo al prezzo d'inselvatichire gli uomini, di ricondurli a uno stato quasi animale: il fante illuminista, agli ordini di un generale con righello e compasso scompare a favore dell'afflato della carica, dell'attacco viscerale.
E' solo una mia personale interpretazione, ma trovo che si sia perso molto, al termine delle sei puntate, pur di bloccare l'invasore. E se l'atmosfera ritorna fiabesca, trapela che qualcosa è cambiato, forse un anticipo del secolo a venire...


Alessandro Forlani

sedicente scrittore, è nato negli anni '70 del XVII secolo, si è reincarnato nel XIX, nel XX e millenni a venire. Nerd, negromante, roleplayer e autore "difficile" di racconti fantastici. Di giorno si impaluda da docente universitario e ciacola di sceneggiatura, cinema e scrittura; di notte, che dovrebbe far l’artista, piuttosto guarda film, legge fumetti, ascolta musica barocca, gioca a soldatini e poi va a dormire. Perché crede che sia più sano scrivere in questo modo.

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